I biocombustibili svolgono un ruolo chiave ai fini dell’attuazione della transizione energetica, che potrebbe essere favorita anche dall’utilizzo dell’idrogeno (H2), poiché esso è in grado di immagazzinare grandi quantità di energia all’interno del suo legame chimico ed è considerato dalla Commissione Europea una “priorità fondamentale” per la sostituzione dei vettori energetici fossili.
È, però, fondamentale evidenziare che solamente “l’idrogeno verde”, viene considerato una fonte rinnovabile e pertanto può contribuire fattivamente alla transizione energetica. Le strade percorribili per produrre H2 verde sono sostanzialmente due: l’elettrolisi, in cui si impiega l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, e la produzione biologica (bioidrogeno), sfruttando principalmente la fermentazione di substrati organici. La prima modalità è ancora penalizzata da costi elevati, mentre la seconda è in fase di sviluppo e studio su scala pilota. La produzione biologica di H2 da fonti rinnovabili è un ramo emergente rispetto alle tecnologie basate sull’utilizzo di combustibili fossili. Pertanto, la maturità di questo processo è ancora relativamente acerba e la comprensione degli aspetti chiave, relativi all’ottimizzazione delle rese produttive e alla valutazione dei rischi, è ancora incompleta. In tale contesto è necessario studiare, già dalla scala pilota, gli aspetti di sicurezza al fine di definire approcci alla valutazione dei rischi, applicabili al processo su scala industriale.