Fonte: Corriere del Veneto – Venezia-Mestre
Situazione critica, bisognerà alzarlo 260 volte l’anno
Andrea Rinaldo, ingegnere e idrologo veneziano, assurto pochi mesi fa a fama internazionale per aver ricevuto il Nobel dell’acqua, lo Stockholm Water Prize 2023: il Mose è stato sollevato per 14 volte in 17 giorni. Il che significa altrettanti giorni di acque alte per Venezia. Un dato mostruoso, non trova?
«Non mi stupisce, la situazione sta precipitando. Andrà da così a peggio: i nostri nipoti o pronipoti avranno a che fare con un metro di medio mare in più. Il Mose, secondo le proiezioni elaborate dall’Ipcc (International panel on climate change), tra cent’anni, a regole vigenti, dovrebbe essere alzato 260 volte l’anno. Il che ovviamente non può essere, perché significherebbe ridurre Venezia a uno stagno putrido e abolire l’uso marittimo che della laguna si fa oggi e con cui la città per mille anni ha costruito la propria grandezza. Mi stupisce, piuttosto, che qualcuno si dichiari tuttora contro il Mose».
Perché?
«Dovrebbe avere la decenza di dire: mi sono sbagliato. La decisione da prendere sul Mose era paradossalmente banale: se il problema di Venezia era quello della protezione dagli eventi eccezionali di alta marea non c’è stata mai alcuna alternativa all’interruzione del rapporto tra laguna e mare. Era un concetto banale, tranne che per chi pontifica di acque senza averle mai studiate. Prima gli oppositori dicevano che non serviva a niente per le alte maree, oggi dicono che il Mose è inutile perché c’è il cambiamento climatico. Ma non funziona così: le opere hanno una durata, un ruolo in una scala di tempo. Oggi ci salva. Certo, dobbiamo ripensare Venezia per i prossimi cento anni. E occorre farlo adesso, non mi stanco mai dirlo. D’altronde ci abbiamo messo 60 anni per fare il Mose, quindi forse è il caso di muoversi».