Giurisprudenza – Rottura delle catene di sollevamento della piattaforma elevabile – omessa manutenzione – responsabilità del datore di lavoro e del RSPP
Cassazione Penale, Sez. 4, 28 novembre 2022, n. 45135 – Rottura delle catene di sollevamento della piattaforma elevabile. Omessa manutenzione e responsabilità del datore di lavoro e del RSPP che non svolge i propri compiti consultivi
La Corte territoriale osserva che il RSPP non svolse i propri compiti consultivi in modo corretto perché non segnalò al datore di lavoro la necessità di una attenta manutenzione e perciò lo ritiene responsabile dell’evento.
Individua, inoltre, la regola di prevenzione violata nella carenza di una adeguata manutenzione periodica.
La prevedibilità e l’evitabilità dell’evento dannoso, inoltre, sono congruamente motivate sulla base della constatazione che un infortunio identico si era verificato due anni prima e l’ultimo controllo su catene e pulegge era stato eseguito nel febbraio 2013.
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La Corte territoriale ha argomentato sull’assenza di controlli e di attività manutentive adeguate. Ha rilevato, infatti:
– che, come prova la documentazione acquisita nel corso delle indagini, le catene della piattaforma n. 25 furono controllate in officina «un considerevole numero di mesi» prima del fatto;
– che il continuativo e stabile impiego di quella piattaforma e le condizioni di lavoro connotate dalla abbondante presenza di polvere, esponevano gli ingranaggi «a maggior attrito in mancanza di reiterata oliatura, e quindi a un rischio di rottura superiore»;
– che, secondo le indicazioni fornite dai testimoni a discarico, sulle piattaforme utilizzate dai dipendenti della Semat veniva compiuta una generalizzata e cadenzata attività di manutenzione, ma nessun testimone è stato in grado di riferire tale attività manutentiva in termini specifici e temporalmente dettagliati alla piattaforma in questione (pag. 10 della sentenza impugnata).
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Si deve ricordare, in proposito che, ai sensi dell’art. 71, comma 4, lett. b) d.lgs. n. 81/08, le attrezzature da lavoro devono essere «oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70» e che, come affermato da questa Corte di legittimità, «l’obbligo di “ridurre al minimo” il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti […], non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l’obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza» (Sez. 3, n. 46784 del 10/11/2011, Lanfredi, Rv. 251620).
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P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.M. Gabriele che liquida in complessivi euro 3. 000, 00 oltre accessori di legge.