Ora l’atomo è a prova di fusione di Alessandro Dodaro
Uno degli obiettivi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è rappresentato dalla transizione energetica e una parte consistente delle risorse disponibili è stata destinata a progetti e interventi che vanno in questa direzione. Il Piano, in linea con il Green Deal lanciato dall’Unione Europea a fine 2019 con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050, finanzierà iniziative per il miglioramento dell’efficienza energetica e l’incremento della produzione da fonti rinnovabili.
estratto
In questo momento, gran parte degli sforzi sono rivolti alla progettazione e alla realizzazione, entro i prossimi dieci anni, di reattori di piccole dimensioni (i cosiddetti SMR o AMR, ovvero: Small o Advanced Modular Reactor) che puntano a ridurre l’impatto dell’effetto scala sui costi di produzione dei kWh e a soddisfare i criteri alla base della quarta generazione di reattori nucleari. In particolare:
- maggiore sicurezza attraverso sistemi di controllo passivi, oltre a una mitigazione dei rischi grazie a una potenza ridotta;
- minimizzazione delle scorie attraverso un ciclo del combustibile chiuso che contiene la radioattività delle scorie nucleari in un arco temporale di secoli e non di millenni;
- resistenza alla proliferazione, in quanto le caratteristiche proprie di questi sistemi impediscono la diversione o la mancata dichiarazione di materiale nucleare destinato ad acquisire armi nucleari.
Questo tipo di centrali nucleari potrebbe sostituire l’attuale flotta e agevolare una migliore integrazione dei sistemi energetici ibridi del futuro: più piccoli, più flessibili, economicamente competitivi e in grado di produrre più che semplice elettricità. L’impossibilità di raggiungere un’economia di scala verrebbe compensata da una produzione in serie standardizzata mentre i rischi finanziari sarebbero ridotti grazie a investimenti di capitale più contenuti e più diluiti nel tempo. Impianti a potenza più bassa prediligono sistemi di sicurezza passiva che richiedono meno pianificazione delle emergenze e implicano meno rischi per l’ambiente.
Fra i reattori di piccole dimensioni, il tipo più promettente sembra essere quello che utilizza il piombo come agente refrigerante (LFR, Lead-cooled Fast Reactor): grazie alle elevatissime temperature raggiunte, oltre a produrre energia, questo tipo di reattore permette di accumulare energia termica e H2, vettore energetico che si è dimostrato molto promettente quale soluzione per molte delle sfide climatiche di tutto il mondo.
Un’ulteriore evoluzione, studiata da alcuni consorzi internazionali composti principalmente da soggetti privati, mira a realizzare entro il 2030 i cosiddetti reattori ADS (Accelerator Driven System, letteralmente sistemi biforcati da un acceleratore): in questo caso il reattore, per funzionare, utilizza neutroni prodotti esternamente grazie a un acceleratore di protoni. Il livello di sicurezza è molto più alto perché in caso di blackout elettrico (l’evento più rischioso in assoluto per una centrale nucleare) l’acceleratore smette di funzionare e il reattore, non ricevendo i neutroni necessari, si ferma. …