Termometro sopra ai 45 gradi per cinque giorni consecutivi, un villaggio completamente distrutto dagli incendi. Non è la California o il deserto del Nevada, ma il Canada. Certo, le ondate di calore esistono da sempre, e in Italia lo sappiamo bene: ogni anno registriamo eccessi di mortalità nei mesi estivi.
Ma gli studi sembrano indicare sempre più chiaramente un legame tra l’aumento (lento ma implacabile) della temperatura terrestre e la frequenza degli eventi estremi, soprattutto quelli legati al calore. In vista di COP26, questo novembre, il mondo è già in fermento.
Corsa contro il tempo
L’accordo di Parigi ha un impegno al 2100: limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C. Per raggiungerlo i paesi si sono impegnati a darsi target intermedi, che entro COP26 andrebbero aggiornati in senso più ambizioso. Circa 80 paesi (inclusi i 27 Ue) su 200 lo hanno già fatto, e molti piani vanno nella giusta direzione. Ma siamo ancora lontanissimi da ciò che servirebbe.
Di sicuro nell’ultimo anno e mezzo gli annunci di “net zero emissions” al 2050 e dintorni si sono susseguiti a ritmo serrato: dall’Ue alla Cina, fino agli Usa (buoni ultimi). Ma sui target intermedi la chiarezza è quasi solo “occidentale”: mentre Bruxelles prepara piani molto dettagliati per raggiungere un -55% di emissioni entro il 2030, i paesi a basso reddito chiedono più aiuti, nel timore che minori emissioni significhino anche minore crescita.
Il nuovo soft power?
Comunque vada, quel che è certo è che è cambiato il “clima”. Quasi tutti i paesi oggi riconoscono la realtà del cambiamento climatico e il contributo dell’uomo. Le opinioni pubbliche chiedono azioni, persino in tempi di pandemia. E tra i “grandi” chi prima era scettico fa a gara per intestarsi i meriti della transizione.
Meriti che non sono solo motivo di prestigio, ma anche competizione geopolitica. La Cina è prima al mondo per brevetti green, produzione e installazione di pale eoliche e pannelli solari, ma dipende ancora molto dal carbone. Dietro a Pechino, la corsa è serrata. Con una certezza: chi si affermerà come leader nell’economia della transizione verde sarà più forte anche nel mondo di domani.