Cassazione Penale, Sez. 4, 24 aprile 2024, n. 17106 – Crollo durante i lavori di demolizione eseguiti senza la previa verifica della stabilità del manufatto
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Nello specifico, i giudici di appello hanno evidenziato che le previsioni di cui agli artt. 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 imponevano all’esecutore dei lavori l’obbligo di previa verifica della stabilità delle strutture da demolire, l’obbligo di realizzazione di opere di puntellamento e l’obbligo di procedere con cautela, sì da non pregiudicare, in corso d’opera, la stabilità del corpo di fabbrica, in conformità al programma di demolizione stabilito nel POS e nell’osservanza dei dettami contenuti nel PSC, ove era prescritto, in specie, di verificare previamente lo stato di conservazione e la stabilità delle opere da demolire ed era imposta la predisposizione e la sottoscrizione di un programma di demolizione indicativo della progressione dei lavori.
La Corte territoriale ha, purtuttavia, evidenziato che le risultanze processuali, e in specie gli esiti della perizia, avevano disvelato che l’attività di demolizione era stata eseguita dall’impresa esecutrice dei lavori senza la previa verifica della stabilità del manufatto, senza la previa predisposizione di un adeguato programma delle demolizioni, risultando quello contemplato nel POS non conforme alle prescrizioni del PSC, con modalità massiva e non a tratti, con la rimozione per sfilamento dei travetti in ferro inseriti nella muratura di collegamento dei solai, piuttosto che col taglio degli stessi e mediante l’impiego di mezzi meccanici, in spregio dello specifico divieto contenuto nel POS.
Alla luce di quanto posto in rilievo, può ragionevolmente concludersi che la Corte di appello abbia argomentato l’affermata responsabilità del D.D. in ordine al delitto ascrittogli in maniera lineare, coerente e tutt’altro che contraddittoria, individuandone la condotta negligente, imprudente ed imperita, oltre che inosservante della specifica normativa antinfortunistica, indicando l’efficacia causale della stessa rispetto all’evento in concreto verificatosi, illustrando i profili di colpa correlati alla prevedibilità ed evitabilità dell’occorso e descrivendo la condotta alternativa lecita, giudicata idonea ad impedire l’evento.
Con precipuo riguardo alla prevedibilità dell’evento, è d’uopo rimarcare che la decisione impugnata risulta in linea con l’elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, essendosi da tempo chiarito che “In tema di reati colposi, la verifica in ordine alla “prevedibilità” dell’evento impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto “modello d’agente” ossia il modello dell’uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta…” (così: Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro, Rv. 259230-01).
Le considerazioni testé esposte inducono a ritenere insussistente anche il prospettato vizio di violazione di legge, avendo la Corte di appello interpretato le evocate disposizioni normative in piena aderenza all’ermeneusi offertane dalla giurisprudenza di legittimità, che, con precipuo riguardo al delitto per cui v’è stata condanna, ha chiarito, da tempo, che “Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un’oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando all’incarico ricevuto” (così: Sez. 4, n. 46428 del 14/09/2018, A., Rv. 273991-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008, Strazzanti, Rv. 240157-01).