Judgment Verein KlimaSeniorinnen Schweiz and Others v. Switzerland – Violations of the Convention for failing to implement sufficient measures to combat climate change (coe.int)
Violazioni della Convenzione Europea per il mancato implementazione di misure sufficienti per combattere il cambiamento climatico.
Nella sentenza della Grande Camera di oggi nel caso di Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri v. Svizzera (domanda n. 53600/20) la Corte europea dei diritti umani ha stabilito, con una maggioranza di sedici voti a uno, che c’è stata una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea per i diritti dell’uomo; e all’unanimità, che c’è stata una violazione dell’articolo 6 § 1 (accesso al tribunale).
Il caso riguardava un reclamo presentato da quattro donne e un’associazione svizzera, il Verein KlimaSeniorinnen Schweiz, i cui membri sono tutte donne anziane preoccupate delle conseguenze del riscaldamento globale sulle loro condizioni di vita e sulla salute. Ritengono che le autorità svizzere non stiano prendendo azioni sufficienti, nonostante i loro doveri derivanti dalla Convenzione, per attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici. La Corte ha stabilito che l’articolo 8 della Convenzione comprende il diritto a una protezione efficace da parte delle autorità statali dagli effetti avversi gravi dei cambiamenti climatici sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita. Tuttavia, ha stabilito che le quattro richiedenti individuali non soddisfacevano i criteri di vittimizzazione ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione e ha dichiarato inammissibili le loro denunce.
L’associazione ricorrente, al contrario, aveva il diritto (locus standi) di presentare un reclamo riguardante le minacce derivanti dai cambiamenti climatici nello Stato convenuto a nome delle persone che potrebbero presumibilmente essere soggette a minacce specifiche o effetti avversi dei cambiamenti climatici sulla loro vita, salute, benessere e qualità della vita, come protetto dalla Convenzione. La Corte ha stabilito che la Confederazione svizzera non aveva adempiuto ai suoi doveri (“obblighi positivi”) ai sensi della Convenzione riguardo ai cambiamenti climatici. C’erano carenze critiche nel processo di creazione di un quadro normativo interno pertinente, compresa una mancanza da parte delle autorità svizzere di quantificare, attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo, i limiti nazionali alle emissioni di gas serra (GHG). La Svizzera non aveva nemmeno rispettato gli obiettivi di riduzione delle emissioni di GHG del passato. Pur riconoscendo che le autorità nazionali godono di un’ampia discrezionalità in relazione all’applicazione della legislazione e delle misure, la Corte ha stabilito, sulla base del materiale a sua disposizione, che le autorità svizzere non avevano agito tempestivamente e in modo appropriato per elaborare, sviluppare e attuare la legislazione e le misure pertinenti in questo caso. Inoltre, la Corte ha stabilito che l’articolo 6 § 1 della Convenzione si applica al reclamo dell’associazione ricorrente riguardo all’attuazione efficace delle misure di mitigazione ai sensi del diritto interno esistente. La Corte ha stabilito che i tribunali svizzeri non avevano fornito motivi convincenti per giustificare perché avevano ritenuto superfluo esaminare il merito dei reclami dell’associazione ricorrente. Non avevano preso in considerazione le convincenti prove scientifiche riguardanti i cambiamenti climatici e non avevano preso sul serio le denunce. Per ulteriori informazioni, consultare queste Domande e Risposte sui tre casi della Grande Camera.
Dati principali
Da un lato, i richiedenti sono Verein KlimaSeniorinnen Schweiz, un’associazione di diritto svizzero fondata per promuovere ed attuare una protezione del clima efficace a nome dei suoi membri, che sono più di 2.000 donne anziane (un terzo delle quali ha oltre 75 anni) e, dall’altro, quattro donne, tutte membri dell’associazione e di età superiore agli 80 anni, che si lamentano di problemi di salute che si aggravano durante le ondate di calore e che influiscono significativamente sulla loro vita, sulle condizioni di vita e sul loro benessere.
La più anziana delle quattro, nata nel 1931, è deceduta durante il procedimento dinanzi alla Corte.Il 25 novembre 2016, ai sensi dell’articolo 25a della legge federale sul procedimento amministrativo, i richiedenti hanno presentato una richiesta al Consiglio federale e ad altre autorità ambientali ed energetiche svizzere, evidenziando varie carenze nel campo della protezione del clima e chiedendo una decisione sulle azioni da intraprendere. Hanno anche invitato le autorità a prendere le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo del 2030 stabilito dall’accordo sul clima di Parigi nel 2015.Con una decisione del 25 aprile 2017, il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DETEC) ha dichiarato irricevibile la richiesta, ritenendo che i richiedenti perseguissero interessi di pubblico generale e non fossero direttamente toccati nei loro diritti e pertanto non potevano essere considerati vittime. Inoltre, secondo il DETEC, lo scopo generale della richiesta dei richiedenti era ottenere una riduzione delle emissioni di CO2 a livello mondiale e non solo nelle loro immediate vicinanze. Il 27 novembre 2018 il Tribunale amministrativo federale ha respinto un appello presentato dai richiedenti, ritenendo che le donne oltre i 75 anni non fossero l’unico gruppo di popolazione colpito dai cambiamenti climatici.
Ha ritenuto che non avevano dimostrato che i loro diritti fossero stati influenzati in modo diverso rispetto a quelli della popolazione generale.
Con una sentenza del 5 maggio 2020, la Corte suprema federale ha respinto un appello datato 21 gennaio 2019, ritenendo che i richiedenti individuali non fossero stati sufficientemente e direttamente toccati dalle presunte carenze in termini del loro diritto alla vita ai sensi dell’articolo 10 § 1 della Costituzione (articolo 2 della Convenzione europea), o del loro diritto al rispetto della vita privata e familiare, compreso il rispetto della loro casa (articolo 8), al fine di sostenere un interesse meritevole di protezione ai sensi dell’articolo 25a della legge federale sul procedimento amministrativo. Per quanto riguarda l’associazione richiedente, la Corte suprema federale, dato il suo giudizio nei confronti dei richiedenti individuali, ha lasciato aperto se essa aveva la legittimazione per presentare l’appello.Lamenti, procedura e composizione della CorteI richiedenti si sono lamentati di varie omissioni delle autorità svizzere nel mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici – ed in particolare l’effetto del riscaldamento globale – che sostengono incidono negativamente sulle loro vite, sulle condizioni di vita e sulla salute. Si sono lamentati del fatto che la Confederazione svizzera non ha adempiuto ai suoi obblighi derivanti dalla Convenzione di proteggere efficacemente la vita (articolo 2) e di garantire il rispetto della loro vita privata e familiare, compresa la loro casa (articolo 8). In questo contesto, hanno lamentato che lo Stato non ha introdotto legislazione adeguata e non ha adottato misure adeguate e sufficienti per raggiungere gli obiettivi per contrastare i cambiamenti climatici, conformemente ai suoi impegni internazionali.Hanno inoltre lamentato di non aver avuto accesso ad un tribunale ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, sostenendo che i tribunali interni non hanno risposto adeguatamente alle loro richieste e hanno adottato decisioni arbitrarie che incidono sui loro diritti civili riguardo all’inerzia dello Stato nel prendere le misure necessarie per affrontare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.
Infine, i richiedenti hanno lamentato una violazione dell’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo), sostenendo che non era stato disponibile loro un ricorso interno efficace allo scopo di presentare le loro denunce ai sensi degli articoli 2 e 8. La domanda è stata presentata alla Corte europea dei diritti dell’uomo il 26 novembre 2020. Il 17 marzo 2021 il Governo svizzero è stato informato della domanda, con delle domande da parte della Corte.
Allo stesso tempo, la Camera ha deciso di concedere alla causa la priorità ai sensi della Regola 41 del Regolamento della Corte. La Camera a cui era stata assegnata la causa ha rinunciato alla giurisdizione in favore della Grande Camera il 26 aprile 2022. Il Presidente della Corte ha deciso che, nell’interesse della corretta amministrazione della giustizia, la causa doveva essere assegnata alla stessa composizione della Grande Camera come Carême c. Francia (domanda n. 7189/21) e Duarte Agostinho e altri c. Portogallo e altri 32 (n. 39371/20), entrambi dei quali erano stati anche rinunciati alla Grande Camera. I governi di Austria, Irlanda, Italia, Lettonia, Norvegia, Portogallo, Romania e Slovacchia sono intervenuti nel procedimento scritto come parti terze, oltre alle persone/entità elencate nella nota a piè di pagina1.
Il governo dell’Irlanda e la Rete europea delle istituzioni nazionali per i diritti umani (ENNHRI) sono stati autorizzati a intervenire oralmente nel procedimento come parti terze. Si è tenuta un’udienza pubblica il 29 marzo 2023. Il giudizio è stato emesso dalla Grande Camera composta da 17 giudici, così composti: Síofra O’Leary (Irlanda), Presidente, Georges Ravarani (Lussemburgo), Marko Bošnjak (Slovenia), Gabriele Kucsko-Stadlmayer (Austria), Pere Pastor Vilanova (Andorra), Arnfinn Bårdsen (Norvegia), Pauliine Koskelo (Finlandia), Tim Eicke (Regno Unito), Jovan Ilievski (Macedonia del Nord), Darian Pavli (Albania), Raffaele Sabato (Italia), Lorraine Schembri Orland (Malta), Anja Seibert-Fohr (Germania), Peeter Roosma (Estonia), Ana Maria Guerra Martins (Portogallo), Mattias Guyomar (Francia), Andreas Zünd (Svizzera), e anche Søren Prebensen, Registratore della Grande Camera. Decisione della Corte La Corte ha iniziato notando che poteva occuparsi delle questioni derivanti dai cambiamenti climatici solo nei limiti dell’esercizio delle sue competenze ai sensi dell’articolo 19 (Istituzione della Corte) della Convenzione, che è quello di garantire l’osservanza degli impegni assunti dalle Alte Parti Contraenti della Convenzione e dei suoi Protocolli.
Allo stesso tempo, ha tenuto presente che un’azione statale inadeguata per combattere i cambiamenti climatici ha aggravato i rischi di conseguenze dannose e conseguenti minacce per la fruizione dei diritti umani – minacce già riconosciute dai governi di tutto il mondo. La situazione attuale riguardava quindi una necessità impellente di proteggere i diritti umani.