AWorld, la app italiana che insegna a ridurre l’impatto sull’ambiente

Corriere della Sera del 9 agosto 2023

Si comincia con il calcolo della propria impronta carbonica. Una volta scaricata l’app (disponibile per Ios e Android), l’utente deve rispondere a una serie di domande sul proprio stile di vita che vanno dal cibo (onnivoro, vegetariano o vegano) alla casa (fai la raccolta differenziata?), dagli acquisti (anche lo shopping ha un peso) ai trasporti usati per gli spostamenti di ogni giorno. A partire dalle risposte, AWorld, l’applicazione studiata dalla omonima startup italiana (anche BCorp) in partnership con le Nazioni Unite, stabilisce l’impatto che il singolo cittadino ha sull’ambiente e ogni giorno lancia sfide e dà consigli per migliorarlo.

Nata nel 2020 durante la pandemia, AWorld ha radici piemontesi, ma deve a un passaggio newyorkese il suo successo a livello internazionale. È durante la «climate week» del 2019 (quando l’app era ancora solo un prototipo) che i tre fondatori Marco Armellino, Alessandro Lancieri e Alessandro Armillotta hanno avuto l’incontro che li ha portati a diventare partner ufficiale Onu per «Actnow», la campagna mondiale contro il cambiamento climatico. L’app è gratuita per tutti, scaricata in tutto il mondo e per ora è disponibile in 6 lingue. AWorld ha chiuso il 2022 con un fatturato di un milione di euro, «Ma nel 2023 puntiamo ai due e mezzo — spiega il co-fondatore Marco Armellino. — Stiamo per lanciare un nuovo round di aumento di capitale di quattro milioni e puntiamo ad ampliarci ulteriormente a livello internazionale». Ma l’app non è stata pensata solo per i cittadini: anche le aziende possono utilizzarla per la formazione del personale e per integrarla all’interno della propria applicazione ufficiale, a disposizione anche dei clienti. Come? Attraverso giochi a squadre, sfide e quiz. «Sono questi i fattori che ci rendono più competitivi — continua Armellino —. Viene particolarmente apprezzato l’elemento del gaming, del gioco. L’app sviluppa molto engagement soprattutto all’interno dei gruppi». Ma su un punto i fondatori non sono disposti a contrattare: «Non accettiamo nulla che possa avere a che fare con il greenwashing — continua il co-founder —. L’applicazione è nata per fare formazione, non pubblicità».

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