Corriere Pianeta 2030 – Onu: «Se le acque di mari e oceani saliranno ancora, un miliardo di persone migrerà»
Troppa acqua o troppo poca. I cambiamenti climatici sconvolgono gli equilibri idrogeologici del Pianeta. Così, mentre in Italia si discute della preoccupante siccità che potrebbe compromettere le campagna agricole del 2023, nel resto del mondo gli allarmi legati alla mancanza di piogge si alternano a quelli legati alle troppe piogge e, in moltissimi Paesi, all’innalzamento dei livelli dei mari. All’inizio di questa settimana, rivolgendosi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario generale António Guterres ha lanciato un appello ribadendo la necessità di ridurre drasticamente le emissioni di carbonio e al contempo affrontare problemi come la povertà che peggiorano l’impatto dell’innalzamento delle acque sulla vita delle comunità costiere.
Non solo siccità e carestie, infatti, muovono intere popolazioni che abbandonano le loro terre alla ricerca di patrie migliori: l’aumento del ritmo di innalzamento del livello di mari e oceani minaccia di provocare a breve «un esodo di massa su scala biblica», avverte il segretario Onu. I dati sono spaventosi: la crisi climatica sta provocando l’aumento più veloce del livello dei mari mai registrato negli ultimi 3000 anni. Il gioco di parole può sembrare irriguardoso, ma «un torrente di guai minaccia quasi un miliardo di persone» — ha detto Guterres al Consiglio di Sicurezza dell’Onu — da Londra a Los Angeles e da Bangkok a Buenos Aires, si registrano già situazioni preoccupanti. E alcuni Paesi potrebbero cessare di esistere, sommersi da onde degne del Diluvio Universale».
In qualsiasi scenario di aumento della temperatura, nazioni popolose — dal Bangladesh alla Cina, dall’India ai Paesi Bassi — saranno a rischio: le megalopoli di ogni continente dovranno affrontare gravi conseguenze. Il pericolo è particolarmente grave per circa 900 milioni di persone che vivono nelle zone costiere a bassa quota, una persona su dieci sulla terra. Csaba Kőrösi, attuale presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha poi ricordato che «tra 250 e 400 milioni di persone avranno probabilmente bisogno di costruire nuove case più lontane dal mare nell’arco dei prossimi 80 anni o meno». E che ci saranno crisi alimentari legate alla perdita di aree coltivabili lungo i grandi fiumi la cui salinizzazione sarà sempre più penetrante nell’entroterra (come accade sul nostro Po), in particolare lungo i fertili delta di Nilo e Mekong.
L’onda dei profughi climatici
Come ha scritto su Pianeta 2030 Edoardo Vigna intervistando lo scrittore Suketu Mehta: «Le migrazioni climatiche saranno le più importanti, i Paesi responsabili dovranno accogliere i profughi». Le preoccupazioni più immediate riguardano le nazioni in via di sviluppo che hanno territori estesi su arcipelaghi: «Entro il 2050, ovvero nel tempo che vivranno i nostri figli e nipoti — ha avvertito Coral Pasisi, direttore per il Cambiamento climatico della Comunità del Pacifico e presidente dell’ong Tofia Niue — l’innalzamento del livello del mare avrà superato almeno un metro per la maggior parte dei piccoli Stati insulari, uno cambiamento che permarrà per migliaia di anni».
Bogdan Aurescu, ministro degli Esteri rumeno e copresidente del Gruppo di studio sull’innalzamento del livello del mare della Commissione di diritto internazionale Onu, ha convenuto che il livello del mare legato ai cambiamenti climatici rappresenta «un rischio reale per oltre i due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite».