D. Lgs. 8 novembre 2021, n. 210 – Attuazione della direttiva UE 2019/944, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE, nonché recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 943/2019 sul mercato interno dell’energia elettrica e del regolamento UE 941/2019 sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2005/89/CE.
Il “pacchetto” normativo sull’energia dell’Unione europea
L’Unione europea ha definito i propri obiettivi in materia di energia e clima per il periodo 2021-2030 con il pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei” – noto come Winter package o Clean energy package. Il pacchetto, adottato tra la fine dell’anno 2018 e l’inizio del 2019, fa seguito agli impegni assunti con l’Accordo di Parigi e comprende diverse misure legislative nei settori dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili e del mercato interno dell’energia elettrica.
Sull’Accordo di Parigi, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “cambiamenti climatici. Si accenna qui brevemente che l’Accordo in questione, adottato in esito alla XXI Conferenza delle Parti (COP21) tenutasi a Parigi a dicembre 2015, con la decisione 1/CP21, definisce quale obiettivo di lungo termine il contenimento dell’aumento della temperatura ben al di sotto dei 2°C e il perseguimento degli sforzi di limitare l’aumento a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali. Si tratta del primo accordo di portata mondiale (190 parti) e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici. L’accordo prevede che ogni Paese, al momento dell’adesione, comunichi il proprio “contributo, determinato a livello nazionale” (INDC – Intended Nationally Determined Contribution) con l’obbligo di perseguire misure domestiche per la sua attuazione. Ogni successivo contributo nazionale (da comunicare ogni cinque anni) dovrà costituire un avanzamento rispetto al primo contributo. L’Accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016 (30 giorni dopo il deposito degli strumenti di ratifica da parte di almeno 55 Parti della Convenzione che rappresentano almeno il 55% delle emissioni mondiali di gas-serra) e si applica dal 2021. L’UE e i suoi Stati membri sono tra le 190 parti dell’Accordo di Parigi. L’UE lo ha formalmente ratificato il 5 ottobre 2016, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. L’accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. A seguito di tali impegni, l’Unione ha definito i propri obiettivi per il periodo 2021-2030, che costituiscono l’INDC dell’UE e per la cui attuazione è previsto il concorso di tutti gli Stati membri.
Il Regolamento 2018/1999/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla governance dell’Unione dell’energia, il quale reca istituti e procedure per conseguire gli obiettivi dell’Unione per il 2030 in materia di energia e di clima. Il Regolamento delinea le seguenti cinque “dimensioni”- assi fondamentali – dell’Unione dell’energia:
a. sicurezza energetica;
b. mercato interno dell’energia;
c. efficienza energetica;
d. decarbonizzazione;
e. ricerca, innovazione e competitività.
Direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (RED II), oggetto di recepimento con lo schema di decreto in esame, che fissa al 2030 una quota obiettivo dell’UE di energia da FER sul consumo finale lordo almeno pari al 32%.
L’Italia, che ha centrato gli obiettivi 2020 (overall target del 17% di consumo da FER sui CFL di energia), concorre al raggiungimento del target UE, con un obiettivo di consumo dal FER del 30% al 2030.
La delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi di recepimento della Direttiva RED II è contenuta nell’articolo 5 della L. n. 53/2021, Legge di delegazione europea 2019.
Nel segnalare le principali innovazioni apportate dalla direttiva in esame, si segnala come essa, in relazione ai consumatori, comporti un importante mutamento di paradigma, volto a qualificare i consumatori stessi come “clienti attivi“.
L’articolo 15 obbliga gli Stati membri a provvedere affinché i clienti finali abbiano il diritto di agire in qualità di clienti attivi senza essere soggetti a requisiti tecnici o a requisiti amministrativi, procedure e oneri discriminatori o sproporzionati (comma 1).
In particolare, i clienti si qualificheranno come “attivi” in quanto dovranno avere il diritto di:
a. operare direttamente o in maniera aggregata;
b. vendere energia elettrica autoprodotta, anche attraverso accordi per l’acquisto di energia elettrica;
c. partecipare a meccanismi di flessibilità e a meccanismi di efficienza energetica;
d. delegare ad un terzo la gestione degli impianti necessari per le loro attività, compresi l’installazione, il funzionamento, il trattamento dei dati e la manutenzione, senza che il terzo sia considerato un cliente attivo;
e. vedersi contabilizzata separatamente l’energia elettrica immessa in rete e quella assorbita dalla rete come base per il calcolo degli oneri di rete; e
f. nel caso in cui siano proprietari di un impianto di stoccaggio di energia, a poter connettere lo stesso alla rete in un arco di tempo ragionevole, a non essere soggetti ad alcun doppio onere, requisiti o adempimenti sproporzionati in relazione all’iter autorizzatorio nonché di essere autorizzati a fornire diversi servizi contemporaneamente, se tecnicamente possibile (comma 2).
La Direttiva sancisce due importanti principi:
libertà di scelta del fornitore (articolo 4), che deve essere assicurata dagli Stati membri a tutti i clienti che devono inoltre essere liberi di avere più di un contratto di fornitura di energia elettrica allo stesso tempo;
libertà dei fornitori di determinare liberamente il prezzo della fornitura di energia elettrica ai clienti, in una dinamica di mercato e di effettiva concorrenza che deve essere assicurata dagli Stati membri. In deroga a quest’ultimo principio, gli Stati membri dovranno assicurare la protezione dei clienti che versino in condizioni di povertà energetica e dei soggetti classificabili come clienti vulnerabili, oltre a poter adottare interventi pubblici di fissazione dei prezzi per un periodo transitorio volto a conseguire una concorrenza effettiva a favore di clienti civili e microimprese non rientranti in dette condizioni. La fissazione da parte di organismi pubblici dei prezzi va comunque notificata alla Commissione europea, unitamente alla spiegazione dei motivi per cui altri strumenti non sono stati ritenuti sufficienti a raggiungere gli obiettivi perseguiti (articolo 5; cfr. artt. 28-29)
Importante innovazione prevista dalla Direttiva concerne l’introduzione della nozione di “comunità energetica dei cittadini” (articolo 16). L’istituto si sostanzia in un soggetto giuridico fondato sulla partecipazione volontaria e aperta di persone fisiche, autorità locali o piccole imprese, avente lo scopo principale di offrire ai suoi membri o soci o al territorio in cui opera benefici ambientali, economici o sociali, e non di generare profitti finanziari. Tale comunità potrà partecipare alla generazione, anche da fonti rinnovabili, alla distribuzione, alla fornitura, al consumo, all’aggregazione, allo stoccaggio dell’energia, ai servizi di efficienza energetica, o a servizi di ricarica per veicoli elettrici o fornire altri servizi energetici ai suoi membri o soci.
Le comunità energetiche potranno essere costituite in forma di qualsiasi soggetto giuridico (es. associazione, cooperativa, organizzazione senza scopo di lucro o piccole/medie imprese). I soggetti partecipanti ad una comunità energetica manterranno al contempo tutti i loro diritti e obblighi di clienti civili o clienti attivi.
Le comunità energetiche dovranno poter operare sul mercato a condizioni paritarie e non discriminatorie rispetto gli altri soggetti, potendo assumere liberamente i ruoli di cliente finale, produttore, fornitore o gestore dei sistemi di distribuzione.