Corriere.it – I grandi inquinatori piantano alberi contro la CO2

di Milena Gabanelli e Francesco Tortora

Il presidente di Cop26 Alok Sharma con le lacrime agli occhi si scusa disperato, il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans si rivolge alla platea: «Tutti voi avete figli e nipoti, se non mettiamo in atto oggi tutte le strategie per bloccare l’aumento della temperatura, non ci perdoneranno». 

Alla fine uno degli accordi più significativi è stato lo stop alla deforestazione entro il 2030. La Dichiarazione firmata da 110 nazioni potrà contare su un investimento di 19,2 miliardi di dollari: 12 saranno fondi pubblici, 7,2 privati.

Ma intanto per altri nove anni si potrà continuare a disboscare, mentre per i grandi inquinatori la «soluzione» è stata trovata da tempo: compensare il proprio inquinamento piantando alberi, finanziando impianti a energia rinnovabile o acquistando sul mercato certificati di crediti di carbonio emessi da organismi internazionali che serviranno a bilanciare le emissioni di CO2 emesse ogni anno.

Ogni credito costa circa 60 euro e rappresenta l’equivalente di una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita in un progetto ecologico. I criteri della contabilizzazione delle emissioni e dell’assorbimento dei gas-serra nel settore agricolo e forestale sono stabiliti dal report «Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories» dell’IPCC.

Ad acquistare i crediti di carbonio, proprio quelle multinazionali che sono tra le più inquinanti al mondo, determinate a riabilitare la propria immagine. Nella classifica delle società che hanno prodotto più CO2 nell’ultimo mezzo secolo ai primi posti troviamo giganti petroliferi come Chevron, Saudi Aramco, BP, Gazprom e Shell. Le prime 20 aziende della lista hanno contribuito al 35% delle emissioni di CO2 dal 1965 per un totale di 480 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (tCO2e).