In Italia, la quota dei giovani adulti con una laurea è aumentata costantemente durante l’ultimo decennio, ma resta comunque inferiore rispetto agli altri Paesi dell’OCSE. Tale fenomeno è riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che il possesso della laurea non offre, come invece avviene in area OCSE, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore. E le limitate prospettive occupazionali, con adeguata remunerazione, spingono sempre più laureati a lasciare il Paese (+41,8% rispetto al 2013).
E’ quanto emerge dal Referto sul sistema universitario 2021 approvato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con delibera n. 8/SSRRCO/REF/21 che approfondisce finanziamento, composizione, modalità di erogazione della didattica, offerta formativa e ranking delle università italiane (98 atenei di cui 67 statali, che comprendono 3 Scuole Superiori e 3 Istituti di alta formazione, nonché 31 Università non statali, di cui 11 telematiche), ricordando che l’ANVUR ha fatto emergere giudizi di qualità elevati in prevalenza per le università del Nord del Paese rispetto a quelle del Sud e criticità per le telematiche.
Il referto evidenzia, inoltre, profili di criticità nell’ambito della ricerca scientifica in Italia con particolare attenzione a quella del settore università:” nel periodo 2016-2019 l’investimento pubblico nella ricerca appare ancora sotto la media europea“, mentre le attività di programmazione, finanziamento ed esecuzione delle ricerche si caratterizzano “per la complessità delle procedure seguite, la duplicazione di organismi di supporto, nonché per una non sufficiente chiarezza sui criteri di nomina dei rappresentanti accademici in seno ai suddetti organismi, tenuto conto della garanzia costituzionale di autonomia e indipendenza di cui all’art. 33 della Costituzione”. In più, la notevole percentuale del lavoro precario nel settore della ricerca determina la dispersione delle professionalità formatesi nel settore.
Risultano, poi, ancora poco sviluppati i programmi di istruzione e formazione professionale, le lauree professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia e trasporti, ingegneria, e mancano i laureati in discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione.
Per quanto riguarda la collaborazione tra università e settore produttivo privato, invece, appare positivo il ruolo svolto da uffici per il trasferimento tecnologico e imprese spin off, con un notevole incremento della spesa per la protezione della proprietà intellettuale, più che raddoppiata nel quadriennio 2016-2019, come è quasi raddoppiato il numero dei brevetti concessi riconducibile alle attività di ricerca delle università italiane, rendendo, con ciò, pienamente evidente, anche in chiave prospettica, il ruolo che le strutture di trasferimento tecnologico possono svolgere per lo sviluppo economico del Paese.
Corte dei conti
Ufficio stampa